"Siamo da tempo una comunità mobile. Grazie al cielo il concetto di Heimat si è sostituito a quello di Vaterland. La realtà stessa del fare comunità si è modificata. La musica poi è la cosa più mobile che ci sia, ci accompagna senza pesare. Fa parte di quella Heimat, di quel senso di casa che non necessariamente coincide con un luogo fisico". Lo dice Vinicio Capossela, che lunedì 12 dicembre arriverà al Columbia Theater di Berlino con i suoi musicisti, per un concerto che racconta i tre decenni dalla pubblicazione di "All'una e trentacinque circa", album d'esordio dell'artista italiano. Un tour che ha già toccato Londra e toccherà questa sera Bruxelles, domani sera L'Aia e poi Parigi e Lisbona. "Più che un tour celebrativo questo è un giro di concerti nel mese di dicembre, che è il mio mese preferito", dice Capossela, nato quasi 57 anni fa ad Hannover, proprio in Germania, da genitori italiani emigrati. "Tutta la lingua tedesca che ricorda mio padre sono i nomi degli attrezzi da lavoro che usavano nel cantiere edile. Sentirglieli recitare è una cosa che mi tocca sempre molto", racconta il cantautore, che aggiunge di adorare il libro 'Struwwelpeter' e la festa popolare tedesca Schuetzenfest, vista "con gli occhi di mio padre giovane". "Ho scritto un disco di canzoni per le feste, che pubblicherò uno dei prossimi Natali, si chiamerà appunto 'Shustenfesten 1965', cioè con la storpiatura con la quale mio padre pronuncia questa parola. Mi commuove sempre il mondo altro in cui si trovarono proiettati i miei genitori, che a quel tempo erano ragazzi giovanissimi." Un disco festivo che Capossela ha però voluto e dovuto ritardare, per confrontarsi prima con la più stretta attualità: "questi tempi mi hanno costretto a procrastinare il mio disco delle feste, perché al momento non c'è nulla da festeggiare. Ho dovuto scrivere altre canzoni dettate dall'urgenza. Le canzoni non cambiano il mondo ma possono contribuire a prendere coscienza", dice il cantautore, "da febbraio, da quando è cominciata quest'altra guerra terribile e assurda, ho ripreso a leggere Brecht, ed è sempre incredibile quanto sia attuale il suo smascheramento della realtà. Questo è quello che si è chiamati a fare: andare oltre la maschera con cui ci rassicurano e intanto ci portano al macello, e al disastro." Capossela, quindi, vuole ora prima pubblicare il suo "disco di canzoni urgenti, che comprende anche una canzone ricavata da una ballata di Brecht, 'Kinderkreuzzug 1939', 'la crociata dei bambini', e poi prima o poi pubblicherò anche un disco di canzoni ricavate dalle rime di Michelangelo". I progetti dell'artista - che da tempo si muove anche nella letteratura e in altri campi - non finiscono qui: "da molti anni continuo a lavorare a un libro di racconti sul mondo dello spettacolo. Storie che stanno dietro a questo mondo sempre al confine tra gloria e miseria", racconta Capossela. Tra le sue fonti d'ispirazione, il cantautore cita un universo composito, che ha accompagnato la sua carriera a partire dal 1990: "mi piacevano Kerouac, Tom Waits, Luigi Tenco, Bill Evans, il jazz. Poi ho scoperto la musica all'aria aperta: le serenate, i mariachi, il continente latino-americano, e poi la patafisica, Céline, la musica meccanica, la storia e la geografia, e poi il rebetiko, il tango, le musiche dell'assenza. E poi ancora il mito, il rito, la Bibbia, la cultura popolare e folklorica, e poi la forma della ballata, i trovatori, il medioevo, i minnesaenger. E in tutto questo anche passioni estemporanee come le canzoni per le feste."
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