Nella mitologia Norrena, l’idromele era la sostanza capace di portare ispirazione a chiunque la bevesse. Composta da sangue e da miele, nel brano diviene metafora della non univocità e dell’unione degli opposti che spesso caratterizzano le nostre relazioni. Oltre alla musica, che respiro fin da bambina, ho sempre nutrito una passione smisurata per la mitologia, per quei racconti in apparenza così lontani dalla nostra vita di ogni giorno, ma in realtà ancora capaci di donarci insegnamenti fondamentali. Un amore nato sui banchi del liceo e proseguita poi negli anni, grazie a studi personali capaci di allargare i miei orizzonti oltre i limiti imposti dalla scuola. Già nel mio primo singolo, Myriam, il mito rappresentava l'asse portante del brano e così è avvenuto nel caso di Idromele. Nella letteratura e nella mitologia, l’idromele veniva rappresentato come la bevanda dei re. Una nettare dal forte valore simbolico-iniziatico, capace di donare conoscenza e ars poetica a chi la beveva. Nel brano, l'idromele diventa metafora della non univocità e dell'unione degli opposti che spesso caratterizzano le nostre relazioni. Nelle storie della mitologia Norrena, in particolare, questa sostanza composta da sangue e miele era soprattutto portatrice di ispirazione. In qualche modo, Idromele è la storia di tutti noi, perché rappresenta appieno i due lati della stessa medaglia. Il dolce e l'amaro mischiati insieme, come lo sono le esperienze che costellano la nostra esistenza. Qualcosa che ognuno di noi può sentire propria, proprio perché così comune. Sono proprio quegli opposti che, messi insieme, intrecciati, diventano complementari. Diventando fonte di ispirazione, appunto, tracciano parole, scrivono storie. Proprio così faccio io: prendo sangue e miele e ne traggo Idromele. In questo modo metabolizzo la vita, cerco suoni, scrivo storie. Alla produzione ho chiamato ancora una volta Giovanni 'Giuvazza' Maggiore, produttore e chitarrista di Eugenio Finardi, che tempo fa mi spronò a scrivere e cantare in italiano. Il video, diretto da Dario Federiconi (Tucano Island), segue le stesse coordinate del brano e prova a rendere esplicito il tema degli opposti complementari grazie a una battaglia messa in atto da ballerini che danzano a colpi di karate. In realtà, ciò che inizialmente appare come una lotta, a un occhio più attento si manifesta come una danza, una serie di movimenti perfettamente amalgamati e in sincronia tra loro. Il tutto realizzato dal corpo di ballo Soupa Jelling, composto da Martina Giacomini, Giorgia Urbinati, Marica Magnani, Gloria Corsini e Edoardo Loi, che non finirò mai di ringraziare per aver ideato e realizzato la coreografia del filmato. Ora non vedo l'ora di tornare a suonare dal vivo: il contatto con la gente e l'energia che si crea sono ciò che amo di più. Solo dal vivo quel mix di dolce e amaro di cui parlo in Idromele raggiunge il proprio apice, perché ciò che in studio può sembrare dolce, on stage assume un gusto più crudo e vivo.
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