Un brano che si muove tra sonorità anni Ottanta e indie pop italiano, che ci invita ad accettare il lato più fragile dei rapporti umani. Una canzone che riesce a sintetizzare il più strano dei periodi che potremmo mai vivere, nel modo più delicato, intimo e silenzioso possibile. C’è stato un mondo in cui non c’era Spotify, non c’erano i telefonini, non c’era un computer in ogni casa e se c’era, la sua potenza di calcolo era leggermente più avanzata di quella di un frigorifero. Il peso invece era esattamente lo stesso. C’erano le VHS, con i film spesso registrati direttamente dalla televisione e quindi con gli stacchi pubblicitari dentro. C’erano le musicassette, su cui si realizzavano le compilation mettendoci delle ore. Erano praticamente indistruttibili, e nel caso fuoriuscisse del nastro, si potevano sempre riparare riavvolgendolo con l’unghia del mignolo o con una penna. C’erano gli amici, e quando uscivi con loro dovevi fare attenzione a non fare tardi, perché non avevi il telefonino per avvertire e rischiavi di ritrovarti lì da solo. È in quel mondo che inizia la storia di Benestare bambino. I miei ricordi sono pochi perché di lì a poco sarei cresciuto, e con me anche la tecnologia, ma le tracce di quell’atmosfera così autentica e peculiare sono rimaste indelebili, soprattutto per quanto riguarda i film. I film generazionali degli anni ‘80 e ‘90, titoli cult come Goonies, Stand by Me, Ritorno al Futuro e simili, erano tutti più o meno così: dei ragazzini partono da una situazione tranquilla di quotidianità, e improvvisamente un po’ per caso si ritrovano trascinati in un’avventura straordinaria e impensabile, da cui escono con una nuova consapevolezza e con maggior fiducia in loro stessi e nelle persone a cui vogliono bene. Un po’ quello che accade a Hansel e Gretel, protagonisti della celebre fiaba dei fratelli Grimm e del cortometraggio in stop motion del 1951 da cui è tratto il videoclip, opera dello storico regista statunitense Ray Harryhausen, maestro e precursore di questa tecnica di animazione artigianale. Quella dei due bambini che si perdono nel bosco è un’avventura sicuramente horror e grottesca nel pieno stile del filone di fiabe a cui appartiene, ma è soprattutto una storia di amore solidale e di riscatto, un po’ lo stesso spirito con cui sono nate le parole di “Se hai paura”. Uno slancio di empatia e conforto per una persona a cui si tiene molto e che ha sopra di sé una nuvoletta di pioggia. Sono cresciuto come quarto di cinque fratelli, e non so se mio padre abbia mai desiderato portarci a sperderci nei boschi. Quel che è certo è che avere i primi tre fratelli molto più grandi di me, che portavano in casa il loro vissuto di musica, film, videogiochi, vestiti e biciclette BMX, mi ha permesso di assaporare gli anni ‘80 molto più a fondo e più a lungo di quanto abbiano fatto gli altri bambini che avevano la mia età. Erano gli anni in cui gli effetti speciali dei film si realizzavano a mano, le madri rattoppavano i pantaloni che si erano bucati, gli elettrodomestici si portavano a riparare. Mi hanno insegnato che anche i rapporti si possono ricucire, e l’umore di una persona che amiamo si può tirare su.
CREDITI VIDEOCLIP
“Se hai paura” è il secondo singolo di Benestare.
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Musica e testo: Benestare
Etichetta: Le Siepi Dischi
Distribuzione: Believe Music
Ufficio Stampa: Conza Press
Produzione artistica: Giovanni Carnazza
Mix e mastering: Impronte Records
Montaggio video: Big Make Produzioni
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