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Arrivano le Vite altrui di Marvasi: il video

Il brano racconta di un amore incondizionato nei confronti di una persona che, ormai da tempo, non fa più parte della nostra quotidianità. “Vite altrui” è un brano che ho composto durante il primo lockdown e, come quasi tutte le mie canzoni, è nato chitarra e voce. L’obiettivo era quello di scrivere il seguito del mio primo singolo “Tratti di vernice” e, per farlo, mi è bastato raccontare in musica il naturale flusso degli eventi di quello stesso periodo della mia vita. Vite altrui parla di un amore incondizionato nei confronti di una persona che, ormai da tempo, non fa più parte della mia quotidianità. Con l’espressione “vite altrui” mi riferisco al fatto che più volte, per paura, per comodità o convenienza, ho vestito i panni di un’altra persona, facendo venire meno quelli che erano i miei reali sentimenti, le mie idee, le mie convinzioni. Era un modo di nascondermi da me stesso che mi ha portato a perdere quello che, fino a poco tempo prima, era il mio più grande riferimento. La produzione, a cura di Leonardo Magara, è riconducibile al pop elettronico, synt wave e vapor wave e presenta, come il mio primo singolo, delle forti influenze hip-hop. Il risultato è un brano dal testo intimo, riflessivo e cantautorale accompagnato da un suono fresco e attuale. La scelta di fare un video clip incentrato sulle opere d’arte è basata proprio sul significato che racchiude il titolo della canzone e viene da un’idea di Daniele Scaglia e Andrea Nucifero: i due videomaker che hanno prodotto il video stesso (e-music production). Più nello specifico, è un tuffo introspettivo nella vita di ognuno di noi, dove siamo spettatori prigionieri del tempo e delle nostre azioni. È un viaggio alla scoperta delle conseguenze che ci hanno plasmato. Le incomprensioni, le decisioni sbagliate e le parole non dette ci hanno vincolati ad una vita che non controlliamo e anche se ci sembra stretta comunque la indossiamo. Nel video il protagonista è intrappolato in un loop temporale di ricordi, un museo della propria vita, in cui in ogni dipinto rimangono impressi quegli istanti, nascosti in un eterno oblio di rimpianti. Al giorno d’oggi, in un mercato discografico così saturo, penso che uno degli aspetti più importanti sia la diversificazione: da qui l’idea di puntare su una produzione Synt Wave (genere che in Italia non è ancora mainstream) e, soprattutto, di girare un videoclip in cui sono racchiusi i quadri simbolo di alcuni dei più grandi movimenti artistici di sempre. Il tutto rimanendo sempre coerenti con le parole del testo. Per esempio, abbiamo deciso di collocare “il sogno” di Picasso nel punto della canzone in cui dico “e non ti ho mai vista in forma tanto astratta”, proprio perché quel quadro presenta una donna, seduta su una poltrona, con una maschera in viso (quindi una donna in forma astratta). Oppure, alla fine del primo ritornello, troviamo “la morte di Marat” di Jacques-Louis Davis, nel punto in cui dico “se solo me ne fossi accorto un anno fa”, per enfatizzare il rimorso di non aver agito prima. Infine, nella seconda strofa, le frasi “trovassi almeno un luogo sì almeno, per rifugiarci meglio per ricordarci, forse per rincontrarci” sono state accostate a “gli amanti” di Magritte, poiché è l’unico punto della canzone in cui vi è un barlume di speranza. Speranza che, però, svanisce nel momento in cui lei mi leva il vela dal viso, gesto che ci fa tornare a quel senso di realizzazione e consapevolezza presente in tutto il video.


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