Compositore appassionato, ma anche pittore, scenografo, costumista, regista teatrale. Artista poliedrico dalle mille facce e dalle mille abilità, il grande Sylvano Bussotti, morto oggi in una residenza sanitaria di Milano alle soglie dei 90 anni che avrebbe compiuto il prossimo primo ottobre, è stato un artista totale, in questo impregnato di Rinascimento come la sua città natale, quella Firenze, che lasciò nel dopoguerra per aprirsi all'Europa. Da Berlino, che gli offrì la consacrazione nel 1958, a Parigi dove Pierre Boulez eseguì i suoi lavori con la voce di Cathy Berberian, fino agli Stati Uniti dove la sua musica e le sue performance trovarono subito grande accoglienza. E proprio a Firenze, alla quale lo legava un rapporto di odio amore, la grande festa che doveva partire domani per il tondo compleanno si trasformerà ora in un omaggio all'artista e all'uomo che con la sua fantasia, ma anche con la spregiudicatezza delle sue opere e dei suoi interventi, ha inciso profondamente nel linguaggio contemporaneo e segnato l'evoluzione culturale del secondo Novecento, con opere che sono state punto di riferimento della musica non solo d'avanguardia. Nato nel 1931, Bussotti aveva cominciato bambino a studiare la musica arrivando anche a frequentare il Conservatorio dove, a causa della guerra, non si diplomò mai. Ma fondamentali, nella sua formazione, sono state anche le arti figurative alle quali lo avvicinarono il fratello e uno zio, entrambi pittori. L'interesse prevalente era allora per la composizione, che finì per studiare da autodidatta fino alla soglia dei 30 anni. Il primo contatto con il pubblico arriva a Darmstadt, in Germania, dove Heinz-Klaus Metzger, che aveva conosciuto a Parigi insieme a Pierre Boulez, gli presenta il compositore americano John Cage. L'esecuzione dei suoi spartiti viene affidata a David Tudor, pianista di punta allora dei compositori d'avanguardia, poi allo stesso Boulez. Gli esecutori sono importanti perché nella sua musica, perenne work in progress, viene lasciata ampia libertà di improvvisare, e la scelta di Bussotti funziona, è subito successo. Legato fin dagli inizi a Casa Ricordi, concepiva in realtà la sua produzione artistica, musicale e non solo, come una sorta di unicum, un solo grande lavoro dalle molte facce, nel quale al suono si potevano alternare la danza, il teatro, l'opera lirica, un mare magnum che lui stesso volle riunire sotto l'etichetta di Bussotti Opera Ballett che lui chiamava bob. Aristocratico, esuberante, provocatorio, nella sua lunghissima carriera è stato un po' tutto, direttore artistico del Teatro alla Fenice di Venezia e poi della Biennale musica, direttore del festival pucciniano di Torre del Lago, insegnante alla scuola di musica di Fiesole, ma anche regista di lirica alla Scala costumista, scenografo, autore di balletti per uno dei suoi grandi amori, il ballerino Rocco Quaglia. Anzi, alla meraviglia dei suoi costumi era dedicata anche, poco più di un anno fa, una sala di Fuori! la mostra della Quadriennale di Roma 2020.Tra i suoi grandi amici italiani c'erano Franca Valeri, Dario Bellezza, Laura Betti, Carlo Cecchi. Amante della bellezza aristocratica, cultore di forme apollinee, è stato però sempre incline alle contaminazioni, capace di mischiare l'alulicità al pop e poi sempre di provocare e di stupire, come quando ottantenne dichiarò il suo amore per i Simpson. E oggi, insieme a tutto il mondo della musica, lo piangono i teatri e le istituzioni che ha amato, dal Massimo di Palermo alla Fenice di Venezia, la Biennale. A raccontarne la grandezza e le tante complessità del lavoro di una vita proverà intanto, da domani, la kermesse fiorentina, in pratica un festival di 5 giorni curato da Fabbrica Europa, Fondazione Culturale Stensen, Florence Queer Festival, Tempo Reale, Maschietto Editore, istituzioni cittadine a lui profondamente legate, in collaborazione con Maggio Musicale Fiorentino, Bussotti Opera Ballet e Museo Marino Marini, con il contributo del Comune di Firenze - Estate Fiorentina 2021 e con il coordinamento di Culter.
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